Oggi 5 febbraio 2025 è la dodicesima giornata nazionale dedicata alla prevenzione dello spreco alimentare.
I dati presentati ieri dall’Osservatorio Waste Watcher, coordinato dal Prof. Andrea Segrè, ci dicono che in Italia buttiamo circa 14,101 miliardi di euro di cibi che dai campi passano dritto in discarica. Questo dato è composto da perdite e sprechi alimentari che sono particolarmente concentrati nella distribuzione dei cibi (la perdita vale oltre 4 miliardi) e nel consumo domestico, con uno spreco che vale oltre 8 miliardi di euro.
A sprecare di più sono le fasce deboli della popolazione, dice il Rapporto Waste Watcher, e la causa è da attribuire all’acquisto di cibi meno qualitativi e freschi.
“Mentre sprechiamo più cibo si allontana l’accesso al cibo sano e sostenibile: l’indice FIES di insicurezza alimentare 2025 sale del 13,95% (era + 10,27% nel 2024), in uno scenario generale in cui la povertà assoluta è aumentata in Italia dal 7,7% all’8,5% (5,7 milioni di persone nel 2023) e addirittura è salita del 28,9% per le famiglie straniere, e dove la povertà “relativa” già colpisce 2,8 milioni di persone. L’insicurezza alimentare delle famiglie italiane colpisce soprattutto al sud (+ 17%) e al centro (+15%), le stesse aree dove si spreca più cibo nelle case (più 16%, più 4%)”.
Il ruolo delle città contro lo spreco alimentare
Le perdite e lo spreco alimentare, che coinvolge tutta la filiera del cibo -dalla produzione fino al consumo (farm to fork)- ha impatti negativi sull’economia, sulle persone e sull’ambiente. Oltre alle perdite economiche, infatti, è fonte di produzione di emissioni di gas serra e grava sulla gestione dei rifiuti, senza considerare che tanto cibo potrebbe essere redistribuito invece che buttato.
Molte città, nel mondo, stanno creando delle loro politiche urbane per affrontare in modo sistematico la questione del cibo: non solo lo spreco e la possibile redistribuzione riguardano queste politiche, ma anche la creazione di condizioni che avvantaggino le filiere brevi, la definizione di nuovi contratti di servizio per le mense scolastiche e pubbliche, una nuova attenzione all’educazione alimentare di ragazzi e famiglie, la riduzione del consumo di suolo attraverso il recupero e la valorizzazione dei terreni abbandonati (pubblici e privati) che si trovano in città, la sperimentazione di innovazioni relative al piccolo commercio e ai mercati rionali, la riorganizzazione di mobilità, trasporti e logistica, la valorizzazione delle tipicità a fini turistici, ecc.
Insomma, le città (e i territori) che scelgono di lavorare ad una loro food policy, creano strategie e soluzioni orientate alla sostenibilità (economica, ambientale e sociale), organizzando in modo nuovo una serie di attività e funzioni di cui già si occupano e che sono legate tra loro da un filo rosso: il cibo.
Food policy e politiche locali del cibo
La Rete italiana delle Politiche locali del cibo (costituita da professori universitari, ricercatori e istituzioni che si occupano di food policy e sistemi locali del cibo), scrive:
Promuovere un sistema locale del cibo equo e sostenibile significa garantire a tutta la popolazione cibo nutriente, sicuro, eticamente e culturalmente adeguato, riconnettere produzione e consumo, accrescere e diffondere cultura del cibo e cittadinanza alimentare, gestire e sostenere sistemi di produzione-distribuzione resilienti e rispettosi delle risorse ambientali, assicurare un’equa distribuzione del valore economico e riequilibrare i rapporti di potere lungo la filiera, garantire accesso universale al cibo, rispettare la dignità del lavoro, considerare i diritti degli animali oltre ai diritti delle persone, dare concretezza negli spazi della governance ai principi della sovranità e democrazia alimentare, gestire il continuum urbano-rurale armonizzandone tutte le specificità sociali e culturali e rispettandone gli equilibri ambientali.
Le Politiche Locali del Cibo devono rispondere a queste sfide innovando profondamente logiche e approcci operativi nella gestione delle pratiche e dei processi legati al cibo: devono entrare in una dimensione di sistema, integrando settori operativi tradizionalmente indipendenti, e devono rivedere i criteri di valutazione, superando le logiche puramente economiche, antropocentriche e focalizzate esclusivamente sul presente. In un processo di ri-politicizzazione del cibo, devono gestire questo rinnovamento creando spazi e strumenti di governance partecipativa e democratica, in cui abilitare e responsabilizzare tutte le componenti della società. In questa dimensione il cibo non è solo un bene oggetto di transazioni economiche, ma diviene un bene comune da gestire nella molteplicità dei suoi valori.
In Italia le principali iniziative di politiche locali del cibo sono attualmente concentrate nelle città medio-grandi (Milano, Roma, Torino ma anche Bergamo, Bologna, Livorno, Padova, ecc.).
La food policy di Milano e la lotta allo spreco alimentare
La food policy italiana più avanzata è quella del Comune di Milano, avviata nel 2015 (10 anni fa!) in occasione dell’Expo dedicato al tema del cibo che venne intitolata “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Sempre nel 2015 il Comune ha approvato la nascita del Milan Urban Food Policy Pact, il patto internazionale sottoscritto da oltre 280 città di tutto il mondo che impegna i sindaci a lavorare per rendere più sostenibili i sistemi alimentari, garantire cibo sano e accessibile a tutti, preservare la biodiversità, lottare contro lo spreco.
Il governo di questa nuova politica comunale è stato affidato alla Vicesindaca ed è stata creata un’area Food Policy collocata all’interno della Direzione Educazione.
La Food Policy del Comune di Milano si preoccupa, tra le altre cose, di portare avanti l’impegno dell’amministrazione nella lotta allo spreco alimentare, attraverso un insieme di azioni che coinvolgono tanti e diversi attori che su Milano hanno un ruolo-chiave per affrontare il problema: enti del settore, partner pubblici e privati, enti di ricerca e imprese che vengono coinvolti in workshop, confronti, analisi di bisogni, attività di co-gestione e tavoli di co-progettazione.
Con l’obiettivo di ridurre lo spreco di cibo e innovare le modalità di recupero e redistribuzione degli a Milano sono nati gli hub di quartiere che nel 2024 sono diventati 8.
- Food Hub Cuccagna (Municipio 4)
- Hub Selinunte (Municipio 7)
- Hub diffuso (Municipio 2)
- Hub Isola (Municipio 9);
- Hub Lambrate, Municipio 3
- Hub Centro, Municipio 1
- Hub Gallaratese, Municipio 8
- Hub Foody Zero Sprechi (nato all’interno del Mercato Ortofrutticolo di Milano).
Attraverso questi dispositivi solo nel 2023 (quando gli hub erano 5) sono state recuperate oltre 615 tonnellate di cibo, di cui 574 tonnellate dai cinque Hub di Quartiere, a cui si aggiungono 41 tonnellate da mercati scoperti. Centinaia di migliaia di eccedenze che sono state redistribuite tra circa 27.000 persone fragili, equivalenti a circa 1.230.000 pasti.
In questa giornata dedicata alla prevenzione dello spreco alimentare, l’esperienza di Milano ci aiuta a dare ispirazione ai Comuni italiani, perché dimostra il potenziale generativo che un’amministrazione comunale può contribuire a creare attraverso una politica consapevole del cibo sul proprio territorio. Contro lo spreco alimentare e non solo.
Conoscevate già la food policy di Milano? Può essere d’ispirazione anche per la vostra realtà?