Lo scorso 28 gennaio a Bologna, nel corso di un evento promosso da Legacoop Emilia Romagna e Confocooperative Emilia Romagna, sono stati illustrati i risultati della prima mappatura promossa dalla Scuola delle Cooperative di Comunità di Confcooperative e Legacoop in partnership con Aiccon (Associazione Italiana per la Promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit).

La ricerca ha indagato la  dimensione qualitativa del mondo delle Cooperative di Comunità a livello nazionale, censendo 188 realtà.

Dallo studio è emerso che le cooperative di comunità nascono prevalentemente nelle aree interne a rischio di progressivo abbandono e in quelle periurbane nelle quali la coesione sociale viene messa in crisi da una modernità che desertifica il tessuto relazionale.

Nel triennio 2018-2020 si registra un forte incremento del fenomeno trainato soprattutto da specifiche aree territoriali: Toscana, che ne conta 45, Abruzzo (33), Emilia-Romagna (20). Considerando il numero di coop di comunità rispetto agli abitanti, seguono Liguria, Molise e Umbria. Nello stesso arco di tempo è nata più della metà delle cooperative mappate (57%).

La forma giuridica più diffusa è quella della cooperativa di produzione e lavoro (44% delle realtà mappate), rilevante anche la presenza della cooperazione sociale (20%). La cooperativa di comunità solitamente coinvolge una pluralità di settori di intervento, in primis il turismo (60%), la conservazione e la tutela ambientale (47%) e l’agricoltura (38%), spesso collegati con gli asset naturali e culturali.

Attività che generano un insieme di impatti su molteplici ambiti collegati ai beni comuni e al territorio, ad esempio attraverso la creazione e lo sviluppo di filiere ed economie di luogo non strettamente turistiche (segnalato dall’80% delle realtà) o la rigenerazione del patrimonio (77%), ma anche al benessere delle comunità territoriali soprattutto in termini di socialità e vita comunitaria.

Grazie all’indagine è stato possibile approfondire anche altri  aspetti quali-quantitativi. I meccanismi generativi maggiormente diffusi sono legati alle condizioni di difficoltà dei territori in termini di bisogni comunitari (83%) e le vulnerabilità del contesto territoriale (58%). L’azione di queste organizzazioni si caratterizza per l’importante coinvolgimento di una pluralità di stakeholder: la quasi totalità delle cooperative rispondenti (93%) coinvolge i beneficiari diretti delle attività appartenenti alla comunità territoriale e le istituzioni pubbliche (88%). Mediamente ogni cooperativa nel 2019 è riuscita a coinvolgere 14 stakeholder e più di 2.500 persone appartenenti alla comunità territoriale e non.

Le cooperative mappate sono caratterizzate da basi sociali con un basso numero di componenti, infatti solo poco più di un terzo delle realtà indagate (il 35%) ha più di 50 soci. Quasi la metà delle cooperative (49%) hanno fino a 25 soci e il restante 16% è composto da realtà con un numero di soci compreso tra 26 e 50.

Il problema rimane ancora il mancato riconoscimento giuridico nazionale delle cooperative di comunità, mentre sono state varate 11 leggi regionali dedicate a questa forma specifica di impresa. Una regolamentazione nazionale che dovrebbe tenere conto della natura multifunzionale e multisettoriale di queste realtà che presuppongono relazioni a mutualità multipla e sono fortemente legate ai territori in cui nascono.

Parole chiave come territorio, persone e bisogni si incrociano in un processo di rigenerazione che, partendo dalle persone, sintetizza l’attenzione al territorio e al suo sviluppo, alla collettività mantenendo la rotta sul lavoro e sulla redditività affinché aree interne e urbane fragili possano diventare attraenti, in particolare per i giovani e per forme di imprenditorialità innovativa.

Tutte queste esperienze dimostrano l’attualità del modello cooperativo che sa rimodellarsi per accogliere bisogni nuovi soddisfacendoli all’interno di attività che sono sociali e imprenditoriali. Va sottolineato il fatto che le cooperative di comunità risvegliano risorse dormienti, già presenti nei territori e non valorizzate, rigenerandole.

Sono piccole comunità animate dal desiderio di rianimare territori spopolati o colpiti dal declino, hanno come obiettivo quello di produrre vantaggi a favore di una comunità alla quale i soci promotori appartengono o che eleggono come propria.

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