Con la presentazione a Bruxelles del Piano nazionale strategico lo scorso 31 dicembre 2021, l’Italia ha definito il nuovo sistema dei pagamenti diretti per il 2023/27, oltre a perfezionare la griglia di interventi dello Sviluppo Rurale.

Per la prima volta, così come richiesto dal nuovo iter procedurale voluto dalla Commissione europea, gli Stati membri hanno goduto di alcuni rilevanti gradi di libertà nella definizione delle risorse e nella selezione dei meccanismi di erogazione dei pagamenti diretti. Le principali scelte dell’Italia, maturate nell’ambito di un tavolo di partenariato che ha coinvolto le regioni e le parti economiche e sociali, sono state finalizzate a conseguire due grandi obiettivi: quello di riequilibrio nella distribuzione delle risorse e di rafforzamento dell’architettura verde della PAC.

Riguardo al primo obiettivo, l’Italia ha deciso di mantenere il sistema dei titoli, destinando annualmente al sostegno di base 1,678 miliardi di euro. Nel loro ricalcolo questo si traduce in una contrazione del 47% rispetto ai 3,168 miliardi di euro erogati a favore di pagamento di base e greening nel 2020.

Diversi gli interventi per ridistribuire le risorse dai titoli più alti a quelli più bassi. Per il valore dei titoli, è stato fissato un tetto massimo di duemila euro dal 2023. Contestualmente, prosegue il percorso di convergenza: nel 2026 tutti i titoli raggiungeranno un valore almeno pari all’85% del valore medio nazionale (167,19 euro). I titoli più alti saranno quindi soggetti a una progressiva riduzione in quattro step, con uno “stop loss” al 30%. Tramite il sostegno ridistributivo circa 349 milioni di euro saranno erogati alle aziende agricole di minori dimensioni (il sostegno è ammesso fino ad un massimo di superficie pari a 14 ettari, per dimensioni aziendali inferiori ai 50 ettari).

Infine, è confermato l’aiuto accoppiato che, con una dotazione di 454 milioni di euro l’anno, interesserà i cereali (frumento duro e riso), alcune colture industriali (barbabietola da zucchero e pomodoro da trasformazione), oleaginose e leguminose (eccetto la soia), gli agrumi e l’olivo, oltre alla zootecnia. Prosegue l’attenzione ai giovani agricoltori, con un intervento sinergico di interventi fra I e II pilastro, e alla gestione del rischio, con il 3% delle risorse dei pagamenti diretti destinate a finanziare come quota a carico dei privati il nuovo Fondo mutualistico nazionale, mentre la parte pubblica resta a carico del budget dello Sviluppo Rurale.

Sul fronte della transizione ecologica, Bruxelles era già intervenuta con una condizionalità rafforzata che ingloba anche obiettivi ambientali e sociali (tutela del lavoro in agricoltura). Su scala nazionale sono stati invece definiti cinque nuovi Eco-schemi, a cui sono destinati circa 874 milioni di euro (25% del budget dei pagamenti diretti) e che opereranno in sinergia con i 26 interventi agro-climatico-ambientali (Aca) dello Sviluppo rurale.

Il Piano strategico nazionale è ora la vaglio della Commissione europea, per cui è possibile che da qui a giugno il piano si perfezioni con alcune integrazioni e correzioni, frutto del negoziato.

Nella strategia nazionale diventa centrale il tema della gestione dei rischi che, mai come in questa programmazione, conterà su risorse cospicue e strumentazioni nuove. Circa tre miliardi di euro a sostegno degli strumenti di gestione del rischio e la realizzazione del primo fondo mutualistico nazionale a copertura dei rischi catastrofali, la cui frequenza e intensità è aumentata nel corso di questi ulti anni.

Si tratta di direttrici che innovano profondamente l’offerta nazionale di politiche agricole e aprono all’innovazione sia tecnica che organizzativa. In particolare smart farming e strumenti contrattuali risulteranno due tra le principali chiavi di lettura per il futuro dell’agricoltura italiana.

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