La Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la legge regionale 9 del 2020, approvata dal Consiglio regionale su proposta del vice presidente Emanuele Imprudente, per l’affidamento dei terreni di pascolo.

La norma, contenuta nel “Cura Abruzzo 1”, è stata impugnata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, contestata in quanto la materia afferente alle terre di uso civico, dove insistono quasi tutti i pascoli, è di competenza statale e non regionale.

Nel mirino, in particolare, gli articoli riguardanti le regole di assegnazione: la legge della Regione, infatti, prevedeva che le terre a uso civico dovessero essere conferite prioritariamente a persone o società residenti nel comune (o nei comuni confinanti) in cui i terreni si trovano.

Un provvedimento che intendeva rispondere alle richieste dei pastori provando a porre un argine al fenomeno della “mafia dei pascoli” e che, però, viola apertamente la riforma sugli usi civici, i principi del demanio collettivo e quelli sulla concorrenza dell’Unione Europea. Così come osservato dal Governo.

Come evidenziato dalla Corte, “sia prima che dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, operata con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), il regime civilistico dei beni civici non è mai passato nella sfera di competenza delle Regioni e i decreti del Presidente della Repubblica con cui sono state trasferite, a queste ultime, le funzioni amministrative, non consentivano nel vigore del vecchio Titolo V (né consentono oggi, nel mutato assetto costituzionale) alle Regioni di invadere, con norma legislativa, la disciplina di tali assetti fondiari collettivi, estinguendoli, modificandoli o alienandoli”.

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